venerdì 29 marzo 2013

Colomba Pasquale

Ebbene sì, ci troviamo nel periodo pasquale. Non potrà dunque mancare sulle nostre tavole la Classica Colomba Pasquale e perché no? Magari fatta in casa!!!


Ho dunque pensato di cogliere l'occasione per postare una famosa ricetta di Anna Moroni, semplicissima, più volte realizzata da me, che mi ha regalato moltissime soddisfazioni!!! 
Ecco come si fa...

Ingredienti:

- 3 uova;
- 100 g di zucchero;
- 350 g di farina "00";
- 1 bicchiere di latte;
- la scorza di 1 arancia grattugiata;
- la scorza di 1 limone grattugiato;
- 1 bustina di lievito pizzaiolo per torte salate;
- 100 g di granella di zucchero per colombe;
- 100 g di mandorle sbucciate bianche;
- 50 g di mandorle amare.


Procedimento:

Separare gli albumi dai rossi e montare i primi a neve. In un altro recipiente montare i rossi con lo zucchero e il burro. Aggiungere un po' di latte per amalgamare meglio.
Aggiungere poi la farina setacciata, le mandorle amare precedentemente tritate nel mixer, l'arancia e il limone grattugiato, il latte, l'arancia candita, un pizzico di sale, il lievito ed infine gli albumi, mescolando dal basso verso l'alto.
Versare l'impasto in uno stampo per colomba di carta da 750 g, poggiare sopra le mandorle con delicatezza in modo che durante la cottura non scendano sul fondo e completare con abbondante granella di zucchero.
Infornare a 170° per 50 minuti (anche se il mio forno ci mette 1 h), trascorsi i 50 minuti controllare la cottura con lo stuzzicadenti.






Qualche consiglio: non utilizzare il forno ventilato perché tende ad asciugare il dolce!!! Inoltre posizionare la colomba al centro del forno!!!

Per comprare lo stampo di carta basta recarsi in qualsiasi negozio per prodotti di pasticceria.

mercoledì 20 marzo 2013

Nuova vita batterica scoperta in Antartide

L'Antartide il continente ghiacciato in realtà nasconde una sorpresa dietro l'altra!!!

Un gruppo di ricercatori russi hanno scoperto una nuova forma di vita microbica, finora sconosciuta, nel lago Vostok, il più grande lago subglaciale in Antartide.

I campioni sono stati prelevati effettuando delle perforazioni a 4 km di profondità, poiché si pensa che il lago, ancora allo stato liquido, sia stato coperto da uno strato di ghiaccio più di un milione di anni fa: ciò ha consentito la preservazione di vita microbica e di processi geochimici molto antichi, di cui non si era a conoscenza.
Infatti, questa copertura ha permesso la conservazione di un paleo-clima di 400.000 mila anni fa, anche se si ipotizza che l'acqua del lago sia stato isolato 15 milioni di anni fa.

La specie batterica scoperta non appartiene a nessuno dei 40 sottoregni conosciuti: difatti gli scienziati hanno isolato il DNA, riscontrando che per il 90% non coincide con nessuno di quelli presenti nel database, potendo dunque affermare che si tratta di organismi sconosciuti!!!
Tuttavia alcuni esperti invitano alla prudenza, dicendo di aspettare ulteriori verifiche.
Ancora non è stato possibile rintracciare l'albero filogenetico e quindi i discendenti di questi batteri.

Il Continente Antartico

Questa zona è quella più inaccessibile di tutta la Terra, isolata rispetto a tutti gli altri bacini sub-glaciali: sono state registrate temperature di meno 89 gradi centigradi; con i suoi 250 km di lunghezza, 50 km di larghezza e 800 m di profondità, Vostok è paragonabile al lago Ontario in Nord America per dimensioni.
La prima stazione venne aperta nel 1956 dai russi, i quali furono i primi ad avanzare l'ipotesi della presenza di un lago allo stato liquido sotto la coltre di ghiaccio, in seguito ad alcuni sondaggi sismici.

Un altro aspetto interessante di questa scoperta è che, questi organismi che vivono in condizioni estreme sulla Terra, potrebbero suggerire agli scienziati dei modelli di vita riscontrabili su altri pianeti, come per esempio su Europa la luna di Giove o su Enceladus un satellite di Saturno.


Inoltre è stato dichiarato che i laghi fanno parte di un sistema interconnesso che attraversa l'intero continente antartico: i corpi d'acqua hanno un'estensione di diversi km e dunque la coltre di ghiaccio ci ha messo milioni di anni per formarsi, ciò implica che gli ecosistemi presenti nei bacini sono stati isolati dall'atmosfera e sono vissuti per migliaia di anni indisturbati.
Tocca a noi adesso scoprirli e riportali alla luce!!!

Sapevate che... Il Fungo che diventa blu!!

Sapevate che esiste un fungo in grado di cambiare colore se viene toccato o tagliato?
È il Gyroporus cyanescens, anche noto come Boletus cyanescens.

Appartenente alla classe Basidiomycetes, il corpo fruttifero si presenta di colore bianco, con viraggio all'azzurro appena viene tagliato, cuticola giallo sporco, cappello convesso, gambo glabro e liscio, carne soda, odore tenue e può raggiungere dimensioni di 9-12 cm (h) x 10-15 cm ( diametro del cappello). 
Vive per lo più in boschi di Latifoglia ed è possibile trovarlo sia solitario sia gregario, in periodi tra la tarda Estate e il primo Autunno, poiché preferisce ambienti asciutti, rispetto agli altri funghi che fruttificano in condizioni umide.


Ma perché diventa azzurro?

Questo fenomeno si verifica a causa di una reazione chimica provocata da una sostanza: l'acido variegatico, contenuto nelle cellule del Gyroporus. Quando le pareti cellulari vengono rotte o danneggiate, questa sostanza, a contatto con l'ossigeno presente nell'aria, si ossida provocando il viraggio di colore del corpo fruttifero.

                               

Quindi la prossima volta che vi imbattete in un esemplare simile, non abbiate paura del suo cambiamento repentino di colore, non è sinonimo di specie velenosa ma solo di reazione chimica!! ;)
Il Gyroporus cyanescens è un fungo commestibile!!

Agli amanti della "Raccolta Funghi" ricordiamo inoltre alcuni piccoli accorgimenti:

- NON DIMENTICATE DI RICHIEDERE O RINNOVARE IL TESSERINO DI RACCOLTA FUNGHI;
- PORTATE SEMPRE CON VOI UN COLTELLO E UN CESTO DI VIMINI, AL FINE DI EVITARE DI STRAPPARE COMPLETAMENTE IL MICELIO DAL SUOLO E GARANTIRE LA DIFFUSIONE DELLE SPORE.

martedì 19 marzo 2013

Festa di San Giuseppe: Torta alle Carote

E per festeggiare questo giorno che ne dite di preparare una bella Torta di Carote?! Leggera, gustosa e arricchita dalla presenza delle mandorle e delle carote, che richiamano il bellissimo sole che per fortuna oggi ha lambito la nostra penisola, regalandoci un scorcio di primavera!!!
Vediamo subito come si prepara!!!



Ingredienti:

- 300 g. di carote;
- 300 g. di zucchero;
- 4 uova;
- 140 g. di farina "00";
- 300 g. di mandorle spellate;
- 1 bustina di lievito;
- buccia grattugiata di un limone;


(1)

(2)

(3)

(4)



Procedimento:

Sbucciare le carote e grattugiarle (1); tritare finemente nel mixer le mandorle (2) con un pizzico di zucchero.
Separare i tuorli dagli albumi e montare questi ultimi a neve ferma (3).
A parte mescolare i tuorli con lo zucchero e aggiungere la buccia del limone, le carote, le mandorle e la farina mescolata con il lievito setacciati ed infine gli albumi.
Versare l'impasto in una tortiera (4) imburrata e infarinata di 26 cm di diametro ed infornare a 180° per 40 minuti.


BUONA TORTA DI CAROTE A TUTTI!!!!

venerdì 15 marzo 2013

Torta Ubriaca

 Fatevi conquistare dalla sofficità di questa torta e dalla deliziosa glassa che ne arricchisce il gusto richiamando tutti i profumi e gli aromi degli ingredienti già presenti nell'impasto.
Questa ricetta l'ho vista alla Prova del Cuoco e ho voluto provarla, il risultato è stato fenomenale!!!




Ingredienti:

- 300 g. di zucchero;
- 200 g. di burro;
- 70 g di cacao o cioccolato fondente da tritare (io ho usato quello in polvere);
- 100 g. di vino rosso;
- 150 g di farina;
- 4 uova;
- una bustina di lievito per dolci.





Procedimento:


Fare a pezzetti il burro in un pentolino, aggiungere il cacao setacciato e il vino rosso e lasciar cuocere. (La ricetta originale prevedeva questo passaggio nel mixer ma io l'ho fatto direttamente sul fuoco e devo dire che il risultato è stato eccellente).
Togliere un bicchiere di carta, circa 170 g. e mettere da parte, questa sarà la nostra glassa.
Intanto nel mixer aggiungere le uova intere e sbatterle per pochi secondi, aggiungere la farina e il lievito setacciati e la crema di cacao e vino raffreddata.


Versare l'impasto in una tortiera di 30 cm di diametro e cuocere a 180° per 30 - 40 minuti.
Dopo la cottura, sformare il dolce e versare sopra il bicchiere messo da parte precedentemente.
Prima di servire lasciare che la glassa si rapprenda, il risultato sarà fantastico.

Inizialmente non mi convinceva il vino nel dolce, mi sembrava un po' difficile da realizzare e invece è semplicissima e veloce da fare e il risultato finale è davvero eccezionale!!!

Provatela e poi fatemi sapere!!!




La caffeina migliora la memoria delle api

Quando le api scompariranno all'uomo resteranno solo quattro anni di vita!!! 
Einstein

L'importanza dell'esistenza delle api è stata da sempre sottovalutata, eppure se non esistesse questo piccolo e laborioso insetto, non ci sarebbero nemmeno il resto degli esseri viventi superiori.

Apis mellifera L. 1758

Il loro valore sta in quel semplice ronzare di fiore in fiore alla ricerca del nettare per la produzione del miele, che permette l'impollinazione florale.
Le specie di Angiosperme, che utilizzano l'impollinazione entomofila, adoperano diversi trucchi: fiori grandi dai colori sgargianti, emanazione di profumi intensi e dolciastri, produzione di sostanze zuccherine e ricche di caffeina.

Eh già "Nettare Caffeinato"!!

Molte piante lo utilizzano in quanto le api sono stimolate a ritornare più volte nello stesso fiore, come dimostrato da uno studio scientifico.
Un gruppo di ricercatori infatti ha notato che, bombardando le api con odori floreali ricchi in caffeina (come il nettare dei fiori di caffè e degli agrumi), dopo 24 ore, esse ricordavano le essenze tre volte in più rispetto ad aromi ricchi di solo zucchero.
Gli studiosi hanno inoltre applicato lo stimolante direttamente al cervello di questi Imenotteri, e hanno notato un effetto positivo sui neuroni associati alla memoria a lungo termine.

Questa scoperta potrebbe far chiarezza su tutti quei processi neurologici che stanno alla base della dipendenza, permettendoci di capire qualcosa in più e di agendo positivamente su di essa.

mercoledì 13 marzo 2013

Ultime notizie da Marte: trovati minerali argillosi che suggeriscono un'antica presenza di acqua.

Da tempo ormai si afferma che Marte un tempo aveva tutte le condizioni per sostenere microbi viventi, e a confermarlo un'analisi chimica effettuata dal rover Curiosity.

Il rover Curiosity sulla superficie di Marte

Il robot ha analizzato un campione di roccia, prelevata nell'area del Gale Crater conosciuto come Yellowknife Bay (prende il nome dai Territori del Nordovest del Canada, a causa del collegamento con le rocce più antiche del Nord America).
Il campione in polvere, raccolto nel mese di febbraio, si presenta a grana fine e contiene minerali argillosi e altri composti che suggeriscono l'antica presenza di un bacino con acque né troppo acide, né ossidanti o salate. Addirittura lo scienziato John Grotzinger, ha affermato che i risultati sono stati talmente soddisfacenti, che se ci fosse stata ancora acqua su Marte sarebbe stata potabile.
Oltre all'argilla, nel campione, sono state trovate molte altre sostanze chimiche come: composti dello zolfo, i quali potrebbero fornire energia chimica a solfobatteri, come quelli presenti sulla Terra nel ciclo biogeochimico dello zolfo e nei laghi meromittici; anidride carbonica, che potrebbe essersi formata in seguito alle reazioni che coinvolgono le rocce carbonatiche; e inoltre una piccola quantità di composti organici semplici come il clorometano (ClCH3) e il diclometano (2-ClCH2), scoperta importante in quanto sono elementi fondamentali per la costituzione della vita.

I ricercatori hanno in programma di praticare un altro foro nel mese di Maggio, per confermare tali risultati e per trovare un quantitativo maggiore di carbonio organico, anche se tuttavia Curiosity non è adeguatamente attrezzato per la ricerca della vita stessa.

Yellowknife bay

La sonda è atterrata su Marte il 6 Agosto e due mesi dopo si è imbattuto in un antico fiume, seguendo il letto è arrivato a Yellowknife Bay, dove ha effettuato la perforazione.
Gli scienziati hanno precisato che il rover non ha ancora raggiunto il Monte Sharp, un'area in cui gli strumenti in orbita attorno a Marte avevano già individuato segni di acqua, e così il ritrovamento di minerali argillosi prima di arrivare alla destinazione è stato un grande risultato inaspettato.

Asteroidi, Meteoriti e Comete: alcune definizioni per non confondersi.

Gli Asteroidi o Pianetini, sono oggetti celesti di dimensioni più piccole rispetto ai pianeti e che, come essi ruotano intorno al Sole, lungo un'orbita compresa tra quella di Marte e Giove.
Il primo pianetino venne scoperto il 1° gennaio 1801 da Piazzi e da lui chiamato Cerere, con un diametro di 1000 km è il più grande fra quelli conosciuti. Nel giro di sei anni vennero trovati altri tre pianetini: nel 1802 Olbers scoprì Pallade (600 km ca di diametro), nel 1802 Harding osservò Giunone (300km ca), nel 1807 ancora Olbers individuò Vesta (500 km ca). Passarono poi quasi quarant'anni, prima che Hencke scoprisse Astrea, il quinto pianetino con un diametro di un centinaio di km, nel 1845.

Posizione dei diversi pianeti e dei pianetini in orbita attorno al Sole


Oggi si conoscono circa 1800 pianetini.
In generale, la forma si presenta irregolare, il diametro inferiore ai 50 km, la composizione analoga a quella della Terra e di Marte. La distanza media dal Sole è di 2,9 unità astronomiche (circa 435 milioni di km).

È stata avanzata l'ipotesi che i pianetini siano i resti di un pianeta originariamente situato fra Marte e Giove, esploso per cause sconosciute; su questo evento permangono molti dubbi e in genere si preferisce supporre che gli asteroidi si siano condensati singolarmente da una nebulosa anulare primitiva, senza costituire mai un unico pianeta.
Alcuni pianetini hanno orbite ellittiche molto inclinate, andando ad intersecarsi con l'orbita terrestre. Quando un pianetino passa molto vicino alla Terra, è possibile impiegare metodi trigonometrici per misurare con notevole precisione la sua distanza dalla Terra, per poter poi risalire alla sua orbita e di conseguenza la sua distanza dal Sole.
Uno di questi pianetini, che nel 1968 passò dalla Terra a 7 milioni di km, fu Icaro.

Un gruppo particolarmente interessante di asteroidi è quello dei cosiddetti “Pianetimi Troiani”, una quindicina di oggetti divisi in due sottogruppi ai quali vennero attribuiti i nomi degli eroi della guerra di Troia (Achille, Agamennone ecc.. da una parte; Enea, Priamo ecc.. dall'altra).
Mentre in genere gli altri pianetini hanno un periodo di 4,5 anni, i Troiani hanno tutti un periodo orbitale di circa 12 anni, quasi uguale a quello di Giove.
L'interesse per i due sottogruppi è dovuto al fatto che essi verificano la soluzione teorica trovata da Lagrange (nel 1722, prima della scoperta dei pianetini) per il classico “problema dei tre corpi”, problema che consiste nel determinare le orbite descritte da tre corpi che si attraggono reciprocamente secondo la legge di gravitazione universale. Quando i tre corpi sono disposti ai vertici di un triangolo equilatero (o molto vicini ai vertici, nei cosiddetti punti di librazione), la configurazione del sistema è stabile, cioè i tre corpi descrivono orbite intorno al baricentro comune mantenendosi ai vertici del triangolo.

Una faccia della Luna, in cui si osservano diversi crateri.


Le Meteoriti sono degli oggetti che penetrano nell'atmosfera terrestre dallo spazio esterno e, raggiungendo per l'attrito temperature elevatissime, tracciano una scia luminosa (meteore o "stella cadente") e si disintegrano. Al suolo giungono in genere soltanto frammenti o polveri, il cui studio mineralogico consente di suddividere i meteoriti in due grandi gruppi: aeroliti (o meteoriti pietrosi), nei quali predominano i silicati ferro-magnesiaci, e sideriti (o meteoriti ferrosi), composti essenzialmente di ferro e nichel in proporzioni variabili.
Non si conosce ancora con esattezza l'origine dei meteoriti, ma un'ipotesi formulata da G. V. Schiaparelli (1835-1910), afferma che nel passaggio ravvicinato al Sole di una cometa, essa subisce una serie di trasformazioni, abbandonando polveri e frammenti che continuano a muoversi lungo l'orbita originaria. Quando la Terra (come ogni altro corpo celeste) attraversa una regione cosparsa di materia cometaria, ne attrae facilmente i corpuscoli, provocando il caratteristico fenomeno conosciuto come "Sciame di Meteore".
Tuttavia l'origine di alcuni meteoriti si può attribuire anche alla disintegrazione per urto casuale di pianetini, o di altri oggetti del sistema solare.
La caduta di un meteorite provoca un cratere (astroblema) sulla superficie dei pianeti: Luna, Mercurio e Marte, essenzialmente privi di atmosfera e scarsamente alterati da fenomeni erosivi, conservano evidenti tracce di questi impatti.

Sulla Terra, invece, i larghi crateri meteorici sono relativamente pochi, poiché il materiale che arriva o si consuma prima di raggiungere il suolo, oppure cade negli oceani; tuttavia i crateri che sono passati alla storia per dimensioni sono: il Meteor Crater dell'Arizona (100.000 anni fa), il Cratere di Vredefort con un diametro di 300 km (ca 2 Miliardi di anni fa) il più antico in assoluto.
La velocità di caduta verso il suolo è in genere compresa tra i 10 e i 70 km al secondo e dipende dall'angolo di penetrazione nell'atmosfera terrestre e dalla massa dell'oggetto.
I meteoriti che si disintegrano in volo giungono nell'alta atmosfera con le stesse velocità, e diventano visibili come "stelle cadenti" a un'altitudine compresa fra gli 80 e i 120 km; pur annientandosi, questi meteoriti lasciano una traccia visibile che si può analizzare con metodi spettroscopici; metodi ottici e radar consentono di stabilire poi il radiante dello sciame a cui appartengono, cioè il punto dal quale si può immaginare si irradino i prolungamenti ideali degli archi descritti sulla volta celeste dai meteoriti; poiché tale punto cade in una costellazione, lo sciame prende il nome dalla costellazione stessa (per es. le Tauridi hanno il radiante nel Toro, le Perseidi in Perseo). Proprio grazie a questi metodi si è riusciti a capire che il meteorite, che ha colpito la Russia qualche settimana fa, proveniva dalla fascia di asteroidi tra Marte e Giove.
In qualsiasi giorno dell'anno si possono osservare 5 meteore l'ora, numero che aumenta nettamente quando la Terra incontra uno sciame (per es. intorno al 10 Agosto le Perseidi).


Le comete 
Corpi celesti appartenenti al sistema solare, che descrive, in genere un'orbita ellittica eccentrica. Dalle analisi spettrali possiamo dedurre che le comete sono composte prevalentemente da ammoniaca (NH3), metano (CH4), monossido di carbonio (CO) e anidride carbonica (CO2), agglomerati con ghiaccio, polveri ed elementi chimici analoghi a quelli che si riscontrano in meteore o meteoriti.

Una Cometa che solca il cielo

In una cometa si distinguono: il nucleo, con dimensioni variabili da 1 a 100 km, che comprende la maggior parte di materia; la chioma, che comincia a formarsi per evaporazione e sublimazione delle sostanze componenti il nucleo: quando la cometa si avvicina al Sole il nucleo viene avvolto dalla chioma luminosa e sferica; la coda, che si allunga in direzione opposta al Sole (in quanto respinta dalla radiazione solare), si origina direttamente dalla chioma, risultando dunque costituita dalle stesse sostanze.
Le dimensioni della chioma possono superare la grandezza del Sole, mentre la coda può estendersi per oltre 300 milioni di km e può presentarsi rettilinea o leggermente curva.

Sull'origine delle comete vi sono numerose ipotesi: quella più accreditata è quella di Oort, secondo la quale questi oggetti sono numerosissimi e si muoverebbero in orbite lontanissime oltre Plutone: l'urto occasionale con altri corpi, devierebbero la cometa verso il Sole, rendendola quindi visibile.
Negli ultimi 2000 anni sono state scoperte decine di migliaia di comete, grazie all'ausilio del telescopio negli ultimi 300 anni e alla fotografia negli ultimi 100 anni. Vengono designate con l'anno in cui sono scoperte e una lettera dell'alfabeto latino, in via provvisoria, mentre in via definitiva con le cifre romane.
Inoltre è consuetudine dare il nome dello scopritore, è il caso della Cometa di Halley, la quale ha un periodo di 76 anni; la sua ultima apparizione fu nel 1910 e fu studiata da Halley e identificata come oggetto già apparso nei secoli precedenti, (fin dal V sec. a.C.).
Grazie ad Halley venne introdotta la periodicità del movimento di una cometa.
Oggi si conoscono una cinquantina di comete periodiche, delle quali sono stati osservati almeno tre ritorni; quella più breve è la cometa di Encke (circa tre anni e quattro mesi), praticamente invisibile ad occhio nudo.
I periodi si misurano in decine o centinaia di anni e si considerano a corto periodo le comete il cui passaggio avviene ogni 200 anni o meno.
Non è provata l'esistenza di comete che descrivono orbite iperboliche, benché a volte la loro traiettoria risulti molto allungata; infatti il passaggio vicino a Saturno o Giove (i pianeti più grandi del nostro sistema solare) potrebbe comportare un cambiamento dell'orbita cometaria fino a deformarla, oppure deviarla fino ai confini del sistema solare.

La cometa di Biella venne osservata nell'anno 1852 per l'ultima volta e, nel passaggio accanto al Sole, si frammentò in due parti e non venne più ritrovata.
Le comete infatti nel loro passaggio lasciano dietro di sé frammenti di polvere dalla loro coda infuocata e la Terra quando si trova a passare attraverso, la particelle entrano nell'atmosfera e provocano una pioggia di stelle cadenti.

lunedì 11 marzo 2013

Torta Paradiso

La sua semplicità conquista tutti i palati, regalando momenti di dolcezza e bontà. Già il nome promette bene, infatti vi farà toccare il cielo con un dito!!!


Questa ricetta l'ho presa dalla prova del cuoco, ma ho apportato qualche modifica che vi illustrerò passo passo.



Ingredienti: 

- 300 g. di burro a temperatura ambiente;
- 8 uova;
- 300 g. di zucchero semolato;
- 150 g. di farina bianca;
- 150 g. di fecola;
- la scorza di un limone grattugiata;
- sale;
- zucchero a velo per completare.
(Io ho aggiunto pure mezza bustina di lievito)




Procedimento:

Innanzitutto ammorbidire il burro a bagno maria e lasciarlo raffreddare (1). Intanto separare i tuorli dagli albumi e aggiungere lo zucchero e il burro, amalgamare il tutto con il frullino elettrico (2).
Aggiungere la scorza del limone, la farina, la fecola e il lievito setacciati.
A parte montare gli albumi con un pizzico di sale e unirli al resto con un cucchiaio di legno, mescolando dall'alto verso il basso per non smontare il composto (3).
Imburrare e infarinare una tortiera di 26 cm di diametro e versare l'impasto, infornare a 180° per 30 - 40 minuti.
A cottura ultimata, sformare e lasciare raffreddare, infine spolverare con abbondante zucchero a velo.




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(2)


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BUONA TORTA PARADISO A TUTTIIIII!!! ;)


venerdì 8 marzo 2013

Acacia dealbata VS Mimosa pudica, quali sono le differenze.

In onore di questa festa e come augurio a tutte le donne del mondo, oggi parleremo del fiore simbolo di questa ricorrenza: La Mimosa.

Acacia dealbata Link 1822


Innanzitutto bisogna precisare che quella che comunemente conosciamo col nome di "Mimosa", in realtà è "un'Acacia"!!! Si tratta di piante dicotiledoni, appartenenti entrambe alla famiglia delle Leguminose, alla sottofamiglia delle Mimosaceae ma a due generi diversi.
Sono piante arboree o arbustive e crescono per lo più in zone tropicali come l'Africa e l'Australia; generalmente sono spinose con foglie bipennate o ridotte a fillodi (specie australiane); hanno fiori profumati singoli o riuniti in spighe, racemi o capolini; i frutti sono appunto dei legumi.
Si riproducono per impollinazione o per talea.
I due generi si distinguono tra loro per il colore dei fiori: le Acaciae hanno fiori gialli mentre le Mimosae producono fiori rosa-violacei.

Mimosa pudica L.

Tra le Mimosae ricordiamo la Mimosa pudica L., così chiamata in quanto reagisce a stimoli tattili o lesivi, richiudendo le foglie verso se stessa come per difendersi. Questo avviene grazie alla presenza dei "pulvini motori", piccoli ammassi di tessuto parenchimatico alla base dei piccioli, che le permette di cambiare il turgore cellulare con conseguente emissione di liquido vacuolare.


Quella che oggi regalerete o riceverete in dono, in realtà si chiama: Acacia dealbata (Link 1822), mentre erroneamente è conosciuta come "Mimosa"; è largamente coltivata nelle regioni a clima temperato a scopo ornamentale, per l'industria del fiore reciso e dei profumi; la sua fioritura è invernale-primaverile.

Esempi di infiorescenze a racemo di Acacia

Altre specie importanti come l'Acacia arabica L. producono la gomma arabica che cola dalle ferite del tronco e che viene utilizzata nelle industrie farmaceutiche, tessili e dei liquori; mentre l'Acacia mollissima, è importante per la corteccia ricca di tannino, sostanza usata per la concia delle pelli.
Alcune specie come l'Acacia spadicigera sono mirmecofile, poiché offrono ricetto alle formiche nelle stipole spinescenti ingrossate e vuote e assicurano loro anche nutrimento, costituito da secrezioni nettarifere o corpuscoli proteici siti all'estremità delle foglie.

Un fiore singolo in cui sono visibili le antere ricche di polline

Quindi d'ora quando prenderete un'enciclopedia o cercherete su internet "Mimosa", se tra le sue caratteristiche leggerete fiori viola, anziché gialli, non preoccupatevi non è un errore, semplicemente il suo nome è "Acacia"!!!

giovedì 7 marzo 2013

Incredibile ma vero: le eruzioni vulcaniche ci potrebbero salvare dal riscaldamento globale!!!

Negli ultimi dieci anni è stata osservata una drastica riduzione del tasso di crescita delle temperature, ma non perché il riscaldamento globale si sia fermato, la vera ragione è il biossido di zolfo (o anidride solforosa) liberato durante le eruzioni vulcaniche.
Lo conferma un nuovo studio affettuato dalla University of Colorado Boulder ci conferma questa ipotesi.

L'Etna, il vulcano più alto d'Europa, che fuma.

Durante un'eruzione si liberano cenere, lapilli, vapore acqueo e molti gas tra cui anidride carbonica (CO2) e anidride solforosa (SO2), la quale, reagendo con le goccioline sospese nell'atmosfera si trasforma in acido solforico (H2SO4), provocando le piogge acide.
Tuttavia se il biossido di zolfo sale nella Stratosfera, avvengono delle reazioni chimiche per cui si formano particelle estremamente piccole di zolfo, chiamate aerosol; tali particelle attaccano lo strato di ozono assorbendo il calore proveniente dalla Terra, ma allo stesso tempo, riflettono le radiazioni solari provenienti dallo spazio, impedendo che arrivino al suolo e provocando un conseguente raffreddamento.
In questo studio, i ricercatori hanno esaminato le misure dello "spessore ottico" dello strato di aerosol stratosferico: un aumento implica una maggiore dispersione o assorbimento della luce solare.
Tra il 2000 e il 2010, tale spessore è aumentato dal 4 al 7 % e ciò ha permesso un rallentamento del riscaldamento globale.


Estensione del ghiaccio artico dal 1979 al 2009.
Come si nota dal diagramma, a causa del Riscaldamento Globale, è drasticamente diminuito.


Si potrebbe pensare che queste eruzioni siano in corso per contrastare l'effetto serra, (come la Teoria di Lovelock potrebbe suggerire), ma questa ipotesi è stata smentita in quanto le emissioni di gas vulcanici salgono e scendono, contribuendo a raffreddare o riscaldare il pianeta, mentre le emissioni di gas a effetto serra prodotte dall'attività umana sono in continuo aumento.

lunedì 4 marzo 2013

La probabile Nascita di un Nuovo Pianeta

Un team internazionale di ricercatori ha scoperto quello che si pensa sia un pianeta nel processo di formazione: questa rivelazione può far luce sull'evoluzione e sulla nascita dei pianeti. 
Gli astronomi hanno dato il nome di protopianeta, ha una massa che sembra essere almeno delle dimensioni di Giove, e forse due, tre volte la sua dimensione.
Sembra sia nato in un altro sistema solare, a circa 335 anni luce dalla Terra, all'interno della Via Lattea. Poiché la Via Lattea è di circa 100.000 anni luce, non è troppo lontano in termini cosmici.

Immagine del nostro Sistema Solare

Questa scoperta, dal significativo valore scientifico, ci permetterà di osservare "in diretta" la Nascita di un pianeta nelle sue primissime fasi, mentre finora ci si basava solo su teorie. 

Principalmente ne esistono due. 
La prima afferma che piccoli grani di polvere che circondano una stella madre si scontrano, e, per effetto della forza di gravità, si trasformano in un oggetto molto più grande. Nel corso di centinaia di migliaia di anni, questo oggetto accumula abbastanza materiale per diventare un pianeta.
Probabilmente è così che la Terra e tutti gli altri corpi celesti del nostro sistema solare si sono formati.
L'altra teoria suggerisce, invece, che il materiale che circonda una giovane stella può subire collasso gravitazionale sotto il peso della propria massa. Questo fa sì che i detriti si accumulano in quella regione, creando un pianeta in solo poche migliaia di anni.

Non è chiaro in che modo il protopianeta si stia formando, ma si osservano evidenti ampi flussi di gas che scorrono attraverso il varco di un disco di materiale attorno ad una stella giovane.
Il dottor Quanz e colleghi hanno basato la loro scoperta su osservazioni da una fotocamera ad alta risoluzione a infrarossi collegata a un telescopio situato nel deserto di Atacama del Cile.
Il telescopio è puntato verso una stella giovane: HD 100546, di circa 2,5 volte le dimensioni del nostro Sole, perché attorno ad essa è stato osservato un disco di materiali distribuiti in modo asimmetrico.
Le immagini ad infrarossi hanno inoltre rivelato una macchia poco brillante che coincide con il disco asimmetrico di materiali, ciò suggerirebbe, appunto, un pianeta nascente.

Nube ad anello attorno una Stella, da cui potrebbe formarsi un protopianeta

Ovviamente il protopianeta ci metterà migliaia di anni per crescere, ma gli scienziati sperano comunque di raccogliere molte importanti informazioni sia sulle prime fasi evolutive di un pianeta, sia sulle proprietà fisiche e chimiche che ne determinano formazione.